Salta al contenuto
Papà Picchio: "Con Fondazione Carolina diamo ai giovani gli strumenti per non essere vittime del cyberbullismo"
Novara Oggi

NOVARA <<Io sono un papà, non sono uno psicologo. Posso arrivare solo fino a un certo punto>>. Un’affermazione colma di tenerezza nei confronti dei tanti giovani che lo abbracciano per ringraziare e per chiedere aiuto, colma di responsabilità consapevole perché <<non siamo tuttologi>>. Paolo Picchio, papà di Carolina, prima vittima riconosciuta di cyberbullismo, è oggi per tutti Papà Picchio. Ha trovato la forza di guardare oltre la tragedia, di diventare testimone del messaggio lasciato dalla figlia, prima come uomo e poi attraverso Fondazione Carolina, strutturata con uno staff di esperti e in costante dialogo con gli attori istituzionali, perchè i ragazzi <<devono chiedere aiuto>>.

 

La Fondazione

<<Andavo nelle scuole per parlare con i ragazzi, ma avevo capito la necessità di avere una struttura di esperti perchè l'approccio e il cambiamento devono essere culturali, non si può rincorrere la tecnologoia o combatterla. Bisogna fornire gli strumenti, accompagnare all'uso. Occorre far capire come sia importante e fondamentale tutelare l'intimità, di come detenere un'immagine intima di una minorenne o di un minorenne sia passibile di reato: spesso non esiste consapevolezza su questo>>. E per questo è nata Fondazione Carolina, ormai riconosciuta a livello nazionale e all'estero. Una grande sfida quella di Paolo e del suo staff, ma per Papà Picchio anche un impegno emotivo, nel rivivere la tragedia: <<Le preoccupazioni ci sono, i momenti di sconforto anche, ma ho sempre sentito una forza paerticolare, come se agisse lo spirito di Carolina. Lei è diventata un'icona e io sono il suo tramite>>. Anche la fase processuale, difficile e lunga, è divenuta patrimonio comune, capace di distruggere pregiudizi e fare scuola: <<Mi hanno chiesto spesso se ho perdonato i responsabili - dice Paolo - il perdono non spetta a me ma a Dio, è una questione morale di chi ha agito. Mi hanno chiesto se fossi soddisfatto dell'esito del procedimento: io ho sempre avuto fiducia nella giustizia e, oltre al mio legale, la Procura di Torino ha svolto un lavoro encomiabile. Se hanno deciso in quel modo era giusto così>>.

 

Il futuro

Tanto è stato fatto e tanto ancora si prospetta il lavoro futuro: <<Stiamo lavorando molto sulla formazione di tutti gli adulti con responsabilità educativa, con una certificazione, la prima a livello europeo, di Aica - Non ci si può improvvisare formatori, il rischio è di aumentare i danni. In molti cavalcano la moda dell'argomento, noi no. Anche in questo caso abbiamo capito l'importanza di un "cyberscudo">>. In questo ambito la Fondazione ha anche siglato un accordo con 1Safe, una app rivolta agli individui, per segnalazioni e richieste di intervento, capace di far dialogare i giusti attori e di geolocalizzare i fatti, anche perchè <<il 70% dei giovani e dei giovanissimi non ha un adulto di riferimento, magari i genitori non sono stati capaci di creare un rapporto empatico; inoltre i ragazzi sono omertosi di base e non "denuncerebbero">>. E ancora, la stesura di una Carta dei diritti 2.0 che obblighi davvero le istituzioni e tutti i soggetti coinvolti a fare rete per la Rete. Non ci si può fermare, non ci si deve fermare e Papà Picchio lo sa.