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L'integrazione tra tecnologia, lavoro e competenze
Harvard Business Review Italia
La Quarta rivoluzione industriale, guidata dalle reti digitali e dall'Artificial Intelligence (AI), apre un nuovo capitolo della storia umana basato sullo sviluppo e l'utilizzo di reti di energie immateriali cognitive. È una profonda mutazione che segue le precedenti rivoluzioni tecnologico-industriali basate sulla trasformazione di energie fisiche, dalla macchina a vapore all'elettricità e al motore a scoppio con il consumo di combustibili fossili non rinnovabili. La trasformazione di energie fisiche, e soprattutto lo sviluppo straordinario delle reti di energia elettrica, hanno determinato oltre due secoli di sviluppo a un livello mai sperimentato in precedenza. La produzione e il consumo di beni fisici hanno raggiunto dimensioni sempre più di massa attraverso processi produttivi basati sulla parcellizzazione fordista delle attività lavorative, su potenti economie di scala e sulla standardizzazione estrema di prodotti e servizi. Tutti questi fenomeni sono avvenuti con la diffusione planetaria di impianti, macchinari e prodotti di consumo, ma anche di beni e servizi immateriali quali radio, televisione, telefonia, cinema e, più di recente, anche l'informatica. Il consumo massiccio di energie fisiche ha peraltro determinato effetti indesiderati per le incontrollate emissioni di CO, e il conseguente global warming, i cui effetti si tenta di limitare attraverso la sostituzione dei combustibili fossili con fonti alternative quali il solare, l'acqua o il vento, pur se con prospettive ancora limitate per alcuni decenni a venire. La rivoluzione digitale può contribuire a ridurre la minaccia ambientale partecipando in misura determinante a processi di razionalizzazione e risparmio di energia, ma soprattutto con il crescente passaggio da produzioni e consumi di beni fisici ad alto contenuto di energie fisiche a produzioni e utilizzi di beni e servizi immateriali basati su energie cognitive (data economy). Va peraltro tenuto presente che le reti digitali, nella gestione delle immense cloud server farm come nei canali di trasmissione fisso/wireless dei dati, sono a loro volta forti consumatrici di energie fisiche. ENERGIE COGNITIVE ED ECONOMIA DEI DATI La rivoluzione digitale basata sulle reti di energie cognitive che producono e trasferiscono immensi flussi di dati e informazioni (molte delle quali, peraltro, irrilevanti o artatamente false) apre nuove straordinarie opportunità di cambiamento, ma nello stesso tempo aumenta la complessità dei contesti come conseguenza della numerosità di dati e relazioni disponibili. La velocità e ubiquità dei processi comunicativi, inoltre, promuove a livello planetario uno scambio continuo interdisciplinare e senza barriere tra tecnologie, discipline e professioni, superando le dimensioni di spazio e tempo e contribuendo ad accentuare ulteriormente condizioni complesse. Nel nuovo ciclo tecnologico si manifestano crescenti livelli di complessità in conseguenza della grande varietà e variabilità di risorse, innovazioni e contesti, della forte interdipendenza tra i processi e di un rilevante grado di indeterminazione (De Toni). Tutta la storia dell'uomo, e in particolare quanto avvenuto nel ciclo industriale, mostra come si sia sempre cercato di ridurre la complessità per prendere decisioni attraverso processi di razionalizzazione e standardizzazione, spesso ricorrendo a semplificazioni che considerano solo alcuni dei fattori e aprendo così la strada a scelte non sempre corrette. Obiettivi oggi rimessi in discussione dal digitale. GESTIRE LA COMPLESSITÀ Come ha scritto Rullani. «La rivoluzione digitale (...) sta liberando l'energia creativa degli uomini dal vincolo imposto dalle macchine rigide. Nella transizione in corso sta infatti diventando possibile l'uso efficiente di macchine e algoritmi digitali che sono in grado di realizzare operazioni flessibili e lavorazioni on demand (...) di gestire in modo autonomo un certo grado di complicazione e di collaborare con l'uomo per gestire livelli più elevati di complessità». Un chiaro punto di vista su questi temi è quello riportato nell'Osservatorio delle competenze digitali 2018: «Il valore creato dal digitale è associato alla crescita della "complessità utile" e cioè al graduale, ancorché irreversibile, aumento nel lempo della variabilità, interdipendenza e indeterminazione di prodotti, processi, relazioni e conoscenze che caratterizza la traiettoria della digitalizzazione (...). Vi sono tre leve attraverso cui il digitale crea valore dalla complessità: la propagazione a scala globale delle conoscenze; l'estensione dei sistemi automatici di gestione della complessità, che viene resa governabile anche con automatismi digitali: e l'esplorazione della complessità, attraverso l'interazione tra macchine e uomini e tra gli stessi uomini in forma sempre più collaborativa». Questa costruttiva interazione tra macchine e uomini e tra le persone nel nuovo contesto è possibile solo se si sviluppano da parte dell'uomo nuove conoscenze e competenze. MACCHINE INTELLIGENTI E NUOVE COMPETENZE Le reti di energia cognitiva e l'economia dei dati, guidate dall'Ai, determinano l'esigenza di un affiancamelo continuo tra l'elaborazione di dati effettuata da macchine sempre più potenti e lo sviluppo di nuove competenze da parte dell'uomo. Occorre però superare il divario costituito dalla diversa velocità dell'apprendimento da parte delle macchine connesse (,machine learning ) rispetto alla velocità dell'apprendimento umano, determinato da processi rigidi, troppo lenti e limitati nel tempo (scuole e università). Si tratta di una metamorfosi della formazione/apprendimento delle competenze che si deve sviluppare in parallelo allo sviluppo delle applicazioni di AI, proprio tramite il supporto di machine learning e deep learning nell'apprendimento umano, ben oltre il termine formazione, per puntare sull'impegno di ciascuno all'apprendimento continuo durante tutta la vita. Lo human learning deve poter utilizzare metodologie di apprendimento continuo contestuale, dove si impara senza discontinuità dalle esperienze in corso, proprie del machine learning, ma dove in più e a differenza delle macchine deve integrare nelle competenze tech skill e soft skill interdisciplinarietà e trasversalità delle conoscenze, capacità di creare relazioni interpersonali e di gruppo, e-leadership, social ethics, autoconsapevolezza (self sciences) e un approccio culturale connotato da valori umani ''olivettiani". La formazione di nuove competenze nello scenario digitale assume un ruolo strategico determinante nella creazione di nuove attività lavorative e nella rigenerazione di quelle esistenti, affrontando i nuovi contesti di complessità. Il termine competenze e professionalità è il riferimento innovativo che entra in tutti i profili lavorativi (low skill e high skill), in sostituzione del concetto tradizionale di attività lavorativa e diviene il riferimento centrale per affrontare la complessità generata dalla economia dei dati e dall'Ai. È utile ricordare l'origine latina del termine "competenza" ( cum -petere , cioè avere un comune obiettivo), origine molto simile a quella della "complessità" ( cumplectere, cioè intrecciare insieme). Per affrontare la complessità occorre quindi mettere assieme conoscenze e abilità operative dell'uomo verso precisi obiettivi. Di fronte alle previsioni spesso catastrofistiche e poco documentate sulla totale sostituzione del lavoro da parte di robot e AI, può essere utile riprendere quanto diceva Alberi Einstein: «Chi attribuisce alle crisi i propri fallimenti e disagi, inibisce il proprio talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi è l'incompetenza». L'INTEGRAZIONE TRA TECNOLOGIA E COMPETENZE UMANE La chiave di lettura per affrontare la rivoluzione digitale e la nuova economia dei dati è la piena integrazione e interazione tra tecnologia e competenze, cioè tra macchina e uomo, con l'obiettivo di affrontare assieme la complessità (e la conseguente incertezza) del nuovo contesto, traendo vantaggio dallo sfruttamento intelligente della complessità stessa, per costruire nuove opportunità di sviluppo non solo quantitativo ma soprattutto qualitativo. Se non gestite, le macchine (robot, algoritmi, reti social) possono produrre complessità e diseconomie generando immensi flussi di dati non finalizzati o decisioni incontrollate (come transazioni finanziarie generate da algoritmi human free). Solo l'integrazione macchinecompetenze consente di produrre decisioni controllate. Il robot advisor, il cobot, mette a disposizione milioni di contesti ed esperienze, ma è la competenza umana (ad esempio quella del chirurgo) che decide e realizza l'azione, interpretando le complessità contestuali mediante relazioni sinaptiche non lineari. Solo la capacità dell'uomo consente di disporre del "pensiero complesso", nell'accezione indicata da Edgar Morin, in grado di affrontare la omogeneizzazione spesso improduttiva creata dalla tecnologia. «Noi siamo un'intelligenza sinergica (...) congeniale alla creazione del nesso mente-corpo (...) che è uno dei colli di bottiglia della robotica» (Cingolani). Una efficace integrazione tra tecnologia, competenze e consapevolezza di persone e comunità crea le condizioni per una evoluzione delle attività lavorative senza creare gravi traumi sociali, anche cercando di ridurre crescenti disuguaglianze tra persone e tra comunità sociali che la tecnologia da sola rischia di creare (Schwab). LA SFIDA DELLA "PROFESSIONALIZZAZIONE DI TUTTI" La sfida è quindi l'apprendimento e l'aggiornamento/ adeguamento continuo delle competenze, non solo di una élite ma di tutti, una società in cui chiunque possa avere alla base le stesse possibilità di accesso alle conoscenze e alle specifiche competenze rese disponibili dalla tecnologia stessa. Le competenze in forme diverse, ma con profondi elementi comuni, tendono ad attraversare anche le tradizionali separazioni tra low, medium e high skill. dato che anche attività cosiddette "low", che inerzialmente verrebbero sostituite da macchine, assumono il valore di competenze attraverso processi di apprendimento continuo: pensiamo, ad esempio, al caso del netturbino che può evolvere in operatore ecologico capace di gestire un sistema complesso e innovativo di raccolta, gestione e riciclo dei rifiuti. L'espressione "intelligenza artificiale" va quindi tradotta in "intelligenza umana aumentata", come ha scritto Segantini, analizzando casi di attività lavorative "aumentate" dal digitale (si parla, per esempio, di "operaio aumentato") e come sottolineato da Butera: «Il modello dei mestieri (...) può diventare il paradigma di riferimento in grado di unificare il lavoro dipendente e quello autonomo (...) i knowledge worker e l'"intelligenza delle mani" del lavoro artigiano, il lavoro di alta qualificazione e il lavoro "umile". E rende plausibile la prospettiva di una "professionalizzazione di tutti"». La metamorfosi del lavoro sostituito dalle competenze richiede di considerare anche l'esigenza di un'evoluzione di forme e procedure lavorative con il passaggio da schemi contrattualistici generali a schemi basati sulla professionalità individuale o di gruppo, l'evoluzione verso forme di smart working e di maggiore partecipazione e collaborazione sul modello artigianale/cooperativo, come verso nuove forme sul modello del terzo settore e del volontariato, istituzionalizzando modalità di permanent training aziendale e nuovi ruoli di mentoring/coaching. Le attività basate su competenze vedono il passaggio dal concetto di employabìlity a quello di skillabiiìty e di job/skill enrichement continuo, a tutti i livelli e non solo nell'alta professionalità. Anche il ruolo stesso della funzione risorse umane in azienda va rimodulato. La rivoluzione dei dati modifica dunque strutturalmente l'istituzione al centro dello sviluppo industriale, e cioè l'impresa, con una metamorfosi verso un nuovo modello di impresa "aperta". IL NUOVO PARADIGMA DELL'IMPRESA "APERTA" La digitai transformation attraverso le energie cognitive tende a modificare il paradigma classico su cui si è basato il ciclo di sviluppo industriale. Si modificano, cioè, in parte i processi innovativi del modello industriale tradizionale che ha visto l'impresa quale generatore prevalentemente al proprio interno di innovazione tecnologica e di formazione delle risorse umane finalizzate alla traduzione della tecnologia in prodotti vendibili. Il nuovo paradigma vede la tecnologia digitale - catalizzatore di convergenza con altre aree scientifiche e tecnologiche (biotech, nanotech, materiali, fintech, neuroscienze) - quale driver indipendente generato dalla ricerca scientifica e applicata, dagli innovation hub, dalle start-up, da forme di serendipity, da scambi di open innovation a livello planetario, da piattaforme tecnologiche alla Google, che entra e trasforma la struttura stessa dell'impresa. A fianco del driver tecnologico, le nuove competenze definiscono il ridisegno degli obiettivi e delle strutture organizzative di istituzioni e imprese. Il compito dell'impresa "aperta" e "agile" è quindi di creare un match innovativo delle due componenti esterne, tecnologia e competenze, integrandole con le componenti interne. Tecnologia e competenze interne e soprattutto esterne disegnano forme e modelli organizzativi e di business determinando mobilità continua dei ruoli, flessibilità e adattabilità al cambiamento e all'innovazione continua. RETI DIGITALI ED ECOSISTEMI D'IMPRESA L'impresa "aperta" traduce tecnologia e competenze in modelli di business finalizzati a prodotti e servizi, interagendo con il mercato che si innova anch'esso sotto la spinta delle reti digitali cognitive (motori di ricerca, social, app) che agiscono sull'evoluzione delle conoscenze e sulle scelte dei consumatori/utilizzatori, spesso determinando forme invasive sui comportamenti. Il consumatore, acquisendo conoscenza e competenza attraverso le reti stesse, può divenire un operatore attivo in grado di disegnare i propri modelli di consumo e diventare un interlocutore attivo verso l'offerta. Il rapporto dell'impresa con le componenti del mercato si traduce nell'interazione personalizzata attraverso la customer experience e la gestione attiva di dati e relazioni provenienti da, e scambiati con, i singoli consumatori e viene strettamente integrata con i flussi di dati generati dall'impresa. L'impresa "aperta e agile" diviene così hub di scambio continuo con l'esterno come open innovation e come ecosistema che partecipa in modalità shared con partner, filiere, fornitori e clienti. Il valore aggiunto dell'intero ecosistema passa attraverso la piattaforma di scambio di dati e relazioni. COME AFFRONTARE GLI OSTACOLI ALLA METAMORFOSI DELL'IMPRESA Non vi è dubbio che questa metamorfosi dell'impresa incontri ostacoli, non tanto dal lato delle tecnologie digitali, che risultano in gran parte accessibili o addirittura sovrabbondanti, quanto invece dalla parte della disponibilità di adeguate competenze che i sistemi formativi non sono in grado di formare nei tempi e nei modi necessari. Da qui il rischio di competenze obsolete e di skill shortage con pesanti conseguenze sull'occupazione e mancata possibilità di sviluppo da parte di tante imprese. Si deve considerare che si richiederanno sempre più skill digitali di base in tutte le attività, competenze non possedute da gran parte della popolazione lavorativa. La velocità di cambiamento e l'interdisciplinarietà imposta delle tecnologie digitali e dalla metamorfosi dell'impresa e del lavoro richiedono di passare dai tradizionali percorsi formativi una tantum a forme di aggiornamento e apprendimento permanente durante tutta la vita (lifelong learning o learning over a lifetime). Anche negli Stati Uniti cresce l'esigenza di un apprendimento permanente ("to bring adult workers back into the classroom di obsolescenza di conoscenze e inadeguata capacità lavorativa in un contesto in cui l 'evoluzione tecnologica e organizzativa accelera e rende permanente la necessità di cambiamento. Come sottolineato dalla Commissione Europea nel rapporto "Digital Organisation Framework and IT Professionals", la carenza di e-skills va affrontata con particolare riferimento alle piccole e medie imprese europee e diffondendo competenze certificate basate sull'e-Competence Framework (e-CF). BLOCKCHAIN E NUOVE COMPETENZE Con lo straordinario sviluppo tecnologico in atto si richiede di adottare processi cognitivi e decisionali umani di livello simile o superiore ai processi determinati dalle macchine, attraverso una sinergia uomo/ macchina che conduca verso livelli sempre maggiori di complessità governabile. Si manifesta e cresce il ruolo delle blockcham , definibili come la nuova internet, o Internet of Value, che tendono a costituire infrastrutture abilitanti per la gestione di transazioni e relazioni economiche e sociali con garanzia di sicurezza e riservatezza dei dati senza costi transazionali, rafforzando e portando avanti la strada della disintermediazione aperta delle reti digitali, divenuta ormai un fattore di trasformazione dei processi aziendali (come sta avvenendo nelle transazioni finanziarie) in sostituzione di funzioni di intermediazione. I nuovi paradigmi determinati dalla diffusione della blockchain avranno ulteriori rilevanti effetti sull'evoluzione dei flussi di energie cognitive e sulla gestione dei dati, richiedendo nuove specifiche competenze nell'interazione con le reti blockchain. CONTAMINAZIONE CONTINUA PER COSTRUIRE COMPETENZE Occorre che tutti i soggetti - istituzioni, scuola, imprese - contribuiscano a formare e rinnovare le competenze in modo continuo durante tutta la vita delle singole persone, impedendone l'obsolescenza tecnologico/organizzativa. Un maggiore impegno deve essere messo in atto da parte di ciascuno per costruire sistematicamente un proprio patrimonio dinamico di competenze, utilizzando il contesto in cui si opera (,learning by doing) e quanto messo a disposizione da parte delle diverse istituzioni in ambito nazionale e in misura crescente a livello internazionale. La creazione di nuove competenze richiede una contaminazione culturale continua tra istituzioni formative, centri di ricerca, innovation hub e imprese che operano con l'ottica di start-up, territori hub di innovazione e scambio, open mind di integrazione e dialogo continuo tra i diversi operatori. In particolare, il nuovo contesto richiede da parte di ciascuno e delle strutture formative: • Impegno per acquisire continuamente nuove conoscenze con approccio interdisciplinare. • Ricerca di approfondimento/specializzazione flessibile mixando tech skills e soft skills, conoscenze e abilità pratiche. • Apprendimento continuo contestuale e disponibilità al cambiamento continuo permanente. • Interesse, piacere e passione allo scambio di conoscenze (knowledge sharing). • Volontà di partecipare e condividere obiettivi con gli altri. • Consapevolezza, autocoscienza (conoscenza di sé) e piena auto-responsabilizzazione. • Ricerca di un'etica sociale nei comportamenti e connessione tra obiettivi individuali, sostenibilità ambientale, partecipazione all'ecosistema e al bene comune. COME SI AFFRONTA LA SFIDA DELLE COMPETENZE IN ITALIA In Italia esiste un grave skill gap nelle competenze professionali informatiche (Data Analyst, Cybersecurity) che va affrontato con urgenza da parte delle istituzioni universitarie, ma vi è uno skill gap ancora più preoccupante: le carenze evidenziate dal menzionato Osservatorio delle competenze digitali riguardano soprattutto le cosiddette e-skill, dalle conoscenze di base a quanto richiesto da Industry 4.0, al digitai marketing e alla digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni. In Italia la scuola ha sempre tenuto le distanze dal rapporto scuola-lavoro e dalla formazione professionale, anche negli istituti tecnici e non solo nei licei che hanno dominato la politica scolastica, spesso emarginando la formazione verso aree STEM. Sono molte le imprese che non hanno compreso le opportunità dell'apprendistato, degli stage, dell'alternanza scuola-lavoro e, soprattutto, della formazione continua delle competenze dei propri collaboratori. Il risultato è che tante imprese manifatturiere non riescono a trovare non solo competenze adeguate al nuovo contesto digitale (per attività Industry 4.0, cioè macchine connesse, Big Data e stampa 3D), ma anche diplomati meccanici o elettronici con conoscenze operative. Gli ITS (Istituti Tecnici Superiori) rappresentano una grande opportunità di collegamento scuola-lavoro, rispondendo a richieste effettive delle imprese, ma sono ancora in numero assolutamente inadeguato e stentano spesso a riempire i corsi a causa di una ancora scarsa consapevolezza da parte di studenti e famiglie. Basti confrontarsi invece con le Fachhochschule tedesche che hanno un ruolo determinante nella formazione operativa delle competenze necessarie al mondo del lavoro in Germania. Le università italiane dovranno accelerare verso la formazione delle nuove competenze con l'ampliamento di corsi professionalizzanti e di formazione interdisciplinare innovativa (come i Contamination Lab della Scuola Politecnica delle Marche) e con la messa a disposizione di corsi di e-learning e di MOOC (massive online open courses) aperti all'esterno, sull'esempio di altri Paesi. In occasione dell'incontro della CRUI, Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (giugno 2018 a Udine) in relazione al Piano dell'Università digitale si è parlato della necessità per le università di aprirsi all'esterno per offrire MOOC, e-learning e tutoraggio disegnati assieme a imprese e istituzioni, utilizzando quanto già reso disponibile da parte dell'Osservatorio delle competenze digitali in termini di nuovi profili di competenze richieste dalla digitai transformation, per consentire a chi entra nel mondo del lavoro, a chi già lavora o a chi è alla ricerca di lavoro di disporre di accessi a un apprendimento permanente da ripetersi più volte nella vita, possibilmente con cadenza annuale. Questo straordinario potenziale delle università come scuola per l'intero Paese potrebbe consentire anche di certificare i processi di apprendimento e le esperienze professionali concrete di ciascuno attraverso l'assegnazione certificata di open badge (come recentemente introdotto nelle università dal consorzio Cineca) che in futuro sempre più caratterizzeranno e daranno valore alle competenze in modo dinamico, consentendo a ciascuno di costruire il profilo certificato delle proprie competenze per l'intera vita professionale.