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I manager italiani non sanno governare l’innovazione: ecco i rischi per il Paese
Agendadigitale.eu

Ancor più grave della carenza di competenze tecniche in Italia è che manca la domanda di soluzioni complesse e manager in grado di formularla.

Ci troviamo, insomma, ad affrontare le fronte nuove sfide sociali, tecnologiche, etiche e manageriali poste in essere dall’intelligenza artificiale con imprenditori e manager che si sono formati anni fa e che normalmente non si aggiornano.

Una condizione che spinge i pochi tecnici ICT formati (bene) nelle nostre scuole e università a lavorare all’estero e fa sì che il nostro paese sia ancora nella fase di “sperimentazione” della trasformazione digitale, mentre il resto del mondo ne sta già cogliendo i frutti, grazie agli investimenti e alla formazione portati avanti negli anni scorsi.

Competenze ICT, stato dell’arte

La società e il business sono sempre più digitali, ormai possiamo dire che non sia più possibile distinguere un processo o un servizio tra parte digitale e parte analogica. I due mondi un tempo distinti sono sempre più integrati in un unicum. Eppure, il nostro paese produce pochi laureati e pochi esperti in ICT rispetto alle necessità. Le carenze che il nostro sistema sta già avendo e avrà sul fronte delle competenze ICT e proprio quelle più elevate sono state fotografate dall’Osservatorio delle Competenze Digitali, condotto da Aica, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter Italia, in collaborazione con MIUR e AGID, nel report del 2018.

La medio-piccola azienda italiana, in taluni casi anche la grande, fanno capo spesso a compagini familiari che promuovono sul campo seconde generazioni alla guida dell’azienda o vedono alla direzione imprenditori che non di rado non hanno nemmeno un titolo di studio. Il modello di impresa italiano è fatto spesso da bassa scolarizzazione e attitudine al sacrificio ma non sempre accompagnato da investimenti in formazione manageriale. L’estro aiuta ma bisogna accompagnarlo con managerialità e organizzazione per raggiungere grandi risultati.

I manager troppo spesso una volta formati all’università non mantengono un aggiornamento continuo, non si misurano con l’autoapprendimento o la formazione ricorrente. Tra l’altro abbiamo troppi manager che non hanno una cultura tecnica in grado di fargli comprendere i fenomeni in corso.

Senza tecnologia, il business non evolve

La conoscenza della tecnologia e un certo approccio “computazionale” non sono ormai un qualcosa da aggiungere ad una formazione manageriale, sono diventati parte integrante di qualsiasi manager. Non è possibile fare il manager senza conoscere le tecnologie, l’economia, l’organizzazione, il business in egual modo. Stiamo assistendo ad un mondo nel quale non è semplicemente possibile mettere in atto una strategia di business senza utilizzare al pieno le tecnologie più evolute, comprenderne il significato, anticiparne l’adozione.

Paradossalmente, malgrado la denuncia della carenza di specialisti ICT, continuiamo ad esportarli all’estero dimostrando che le nostre scuole ed università sono in grado di reggere il passo di contesti sociali con economie più avanzate della nostra. Abbiamo pochi specialisti ICT in grado di dare soluzioni ma abbiamo ancora di meno manager in grado di porre i problemi che i primi dovrebbero saper risolvere.

Uscire dal guado della sperimentazione continua

Se guardiamo ai dati sul mercato 2018 prodotti da Anitec-Assinform ci accorgiamo che ci sono diversi progetti sulle aree innovative ma sono per lo più ancora sperimentazioni o fatti su aree non core delle aziende. Chi decide sul finanziamento e avvio dei progetti non è in grado di capire come può utilizzare al meglio l’intelligenza artificiale o la blockchain per risolvere o meno i suoi problemi e, nel frattempo, avvia delle sperimentazioni.

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