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AAA: supereroi cercasi per sfruttare l’ Intelligenza Artificiale
Industriaitaliana.it

Le imprese investono in maniera sempre più massiccia in intelligenza artificiale, ma «bisogna essere supereroi per sfruttare appieno le tecnologie che abbiamo oggi», secondo Gloria Gazzano, Presidente Aica Lombardia – l’ Associazione dedicata alla diffusione della cultura digitale in Italia – una carriera ultratrentennale nella corporate con il ruolo di Cio iniziata dopo la laurea in matematica. Gazzano era in Olivetti negli anni Ottanta, anni in cui la digitalizzazione delle imprese era uno scenario da fantasy. Al culmine e a coronamento di questa carriera Gazzano con con il contributo scientifico di SDA Bocconi ha dato vita a un progetto, dal nome D-Avengers – come i supereroi della Marvel – per dare concretezza alla rivoluzione che le aziende devono intraprendere per sopravvivere ma di cui spesso non hanno una completa consapevolezza.

Non basta comprare un algoritmo smart per diventare un’organizzazione smart, ma è necessario «un progetto complessivo, che non si limiti alla divisione tech, ma coinvolga l’intera organizzazione, dalle risorse umane al management, per individuare gli obiettivi che con l’applicazione della nuova tecnologia si vogliono centrare», nonché «gli impatti che ogni investimento che sia possibile o necessario fare, avrà sulla nostra azienda e sull’intera società». Il rischio è, in alternativa, «una banalizzazione della tecnologia», un’occasione persa.

 La nuova Legge di Bilancio che introduce incentivi alla formazione e un Fondo per Iot, Blockchain e Ai sarà utile utile a patto che i Decreti attuativi orientino correttamente le spese, altrimenti si rischia l’effetto Industry 4.0: «Per come era stato costruito l’apparato di regole, gli incentivi all’acquisto di macchine hanno avuto un risultato sicuramente positivo ma limitato nell’applicazione. Le aziende hanno comprato macchine poiché se ne riducevano i costi, ma poi in molti casi hanno fatto fatica a sfruttarle perché sono mancate le attività consulenziali di supporto e di ristrutturazione dei processi».

Le aziende investiranno quasi 80 miliardi in Ai nel 2022 (stime Idc). Ma si deve eliminare l’effetto moda

Secondo la società di ricerca internazionale Idc, la spesa in Ai aumenterà nel mondo dai 24 miliardi di dollari del 2018 ai 78 del 2022. In Italia, la spesa aziendale in intelligenza artificiale si assesterà nel 2018 intorno ai 17 milioni di euro (+31% sul 2017) e nel 2019 poco sotto ai 25 milioni (+44%). «Quando un fenomeno ha un’accelerazione di questo tipo, una componente di hype ci può essere. È un rischio non solo dell’Ai, ma del digitale tutto. Al di là dell’aspetto legato alla moda del momento c’è il rischio concreto di banalizzazione all’interno dell’azienda. Ci si dota di una tecnologia perché ci sia allinea con quanto il mercato propone ma non si riflette bene sul reale valore che può portare. E con l’Ai purtroppo, visti anche i contorni accattivanti, si può cadere nell’equivoco di adottarla per una questione di immagine».

Tanto che gli stessi numeri vanno interpretati: «Poiché l’ambito di applicazione dell’Ai è ampio e comprende molte tecnologie, come per esempio deep learning, chatbot, RPA, riconoscimento di immagini, predictive maintenance, a volte molte voci di investimento del digitale vengono classificate come Intelligenza Artificiale. Le aziende oggi si stanno muovendo in un quadro difficile: la community D-Avengers nasce proprio per orientarle. Non solo vogliamo esplicitare quali applicazioni e quali investimenti sia possibile o necessario fare, ma anche quali saranno gli impatti sull’azienda e sulla società, in definitiva sulla persona.

 Per esempio nel mondo del lavoro alcune tecnologie come chatbot e RPA (Robotic Process Automation) stanno rivoluzionando alcuni mestieri; si pensi ad esempio ai processi di contatto o di back office in ambito amministrativo e di procurement, che possono essere già oggi svolti da applicazioni di Ai. Esse impattano la produttività dei processi coinvolti liberando il tempo delle persone, che può essere utilizzato in maniera più efficiente all’interno dell’azienda. Di conseguenza anche le strutture di business e Hr devono essere pronte a riqualificare e a ricollocare le persone al loro interno. Gli impatti della tecnologia vanno al di fuori delle strutture tecniche e coinvolgono l’impresa tutta e le persone».

Servono processi di innovazione strutturati

Sempre Idc rileva che l’Ai, secondo un sondaggio condotto presso i manager aziendali, migliorerà la produttività della forza lavoro (per il 20% dei rispondenti), genererà innovazione e crescita dei ricavi (18%), velocizzerà i processi decisionali (17%). Tutti questi obiettivi, tuttavia, saranno ottenibili solo se «si metteranno in atto percorsi di organizzazione aziendali. Bisogna coprire un gap culturale strutturando processi di innovazione prima di fare investimenti in tecnologia. Le soluzioni innovative basate sulla tecnologia, e l’Ai ha esasperato il concetto, non sono appannaggio esclusivo del tecnologo: per metterle veramente a frutto e collocarle nella giusta dimensione aziendale, il tecnologo è solo una delle molte e variegate figure professionali che devono partecipare al progetto.

Ci vuole una visione multidisciplinare, un’attitudine che non tutte le aziende hanno e che è molto complessa da gestire all’interno delle pmi italiane», spiega Gazzano, che con quest’ottica di squadra ha partecipato nella sua carriera a molti significativi e pionieristici progetti soprattutto nel settore utility, per esempio in Italgas e Snam, di cui ha guidato la digital transformation. D-Avengers è il culmine di questo percorso. «Le cosiddette tecnologie disruptive sono il frutto di un concorso di idee diverse, di pensieri laterali. Il risultato finale in azienda sarà apprezzabile solo se le varie figure professionali e le competenze si uniranno per dare vita a nuove applicazioni della tecnologia. La vera innovazione sta, infatti, nell’applicazione della tecnologia e non nella tecnologia di per se stessa. Anche solo analizzarne l’enorme mole e distillare le tecnologie che portano valore all’azienda è un mestiere da codificare».Cambia il lavoro (ma aumenta l’occupazione)

Uno degli impatti più potenti dell’Ai a livello sociale sarà quello sul lavoro. Contrariamente alle credenze dell’uomo della strada, la trasformazione digitale non fa diminuire l’occupazione in valore assoluto (è dimostrato, per esempio, che nei Paesi che hanno il maggior impiego di robot in azienda, segnatamente Giappone e Germania, i tassi di disoccupazione sono tra i più bassi), ma certamente ciò corrisponde per le categorie meno qualificate (operai generici, segretario, back office) che sono più esposte a un rischio di obsolescenza e pertanto inducono a un problema di tipo etico di cui è necessario farsi carico: una parte della soluzione del problema è la formazione continua e la riqualificazione.

«Secondo uno studio della Oxford University, gli skill cruciali che caratterizzeranno le nuove professioni da qui al 2030 somigliano molto di più a soft skill che sono i meno sostituibili dai robot e dagli algoritmi. Quelli che invece potranno essere sostituiti saranno i processi manuali ripetitivi di back office. Le persone che si formano devono oggi puntare su creatività, generazione di idee, problem solving, adattabilità, ma soprattutto sulla capacità di continuos learning, perché il continuo evolversi della tecnologia causerà un mutamento dei mestieri e necessiterà di adattabilità e di capacità di apprendere. E sarà focale l’interdisciplinarietà, le soluzioni più innovative nasceranno dalla collaborazione tra ruoli e mestieri differenti», dice Gazzano. Tuttavia, formare chi entrerà nel mondo del lavoro domani, è un conto, riqualificare quelli a cui oggi il lavoro sarà cancellato è un altro. Ed è un problema di cui deve farsi carico la politica. Con incentivi alla formazione, per esempio, che nella Legge di Bilancio sono stati inseriti e potenziati per le pmi in extremis con il passaggio alla Camera.

Gli incentivi pro-riqualificazione e innovazione delle pmi sono utili se a monte esiste una strategia

Il bonus formazione 4.0, che prevedeva fino al 2018 un credito di imposta del 40% per tutte le spese in formazione entro i 300mila euro nel 2019, passa dal 40% al 50% per le piccole imprese, mentre resta al 40% per le medie imprese (con il medesimo limite di 300mila euro), e viene ridotto al 30%, con un limite massimo di 200mila euro incentivabili, per le grandi imprese. Confermato anche il credito d’imposta del 50% su spese incrementali in Ricerca e Sviluppo, riconosciuto fino a un massimo annuale di 20 milioni di euro all’anno per beneficiario e computato su una base fissa data dalla media delle spese in Ricerca e Sviluppo negli anni 2012-2014 .

Ancora, la nuova Finanziaria ha introdotto una nuova agevolazione per le assunzioni di un voucher del valore massimo di 40mila euro, che copre il 50% dei costi sostenuti fino a un importo massimo di 40 mila euro per le piccole imprese; del 30% per le medie imprese. Nella Legge di Bilancio 2019 è stato inserito anche un Maxiemendamento che prevede l’istituzione di un fondo per interventi volti a favorire lo sviluppo di tecnologie di intelligenza artificiale, blockchain e Iot. La dotazione prevista è di 15 milioni di euro per ogni anno dal 2019 al 2021. Poco ma un inizio.

«Senza dubbio, le iniziative in Finanziaria a partire da quelle dell’istituzione del Fondo sono utili ma per capirne la portata dovremo aspettare i Decreti attuativi. Per come era stato costruito l’apparato di regole, la stessa ben nota Industria 4.0, che incentivava principalmente l’acquisto di macchine, ha avuto un risultato sicuramente positivo ma limitato nell’applicazione. Le aziende hanno comprato macchine poiché con gli incentivi se ne riducevano i costi, ma poi in molti casi hanno fatto fatica a sfruttarle perché sono mancate le attività consulenziali di supporto e di ristrutturazione dei processi. Speriamo non si ripeta l’errore. Le imprese devono impostare processi di innovazione strutturati, per evitare la banalizzazione. Sono processi costosi e bisogna aiutare le pmi; l’ideale sarebbe che oltre ai finanziamenti si fornisse loro anche know-how e casi di applicazioni», dichiara Gazzano.D-Avengers per traghettare le imprese verso il corretto uso della tecnologia

D-Avengers si pone l’obiettivo di raccogliere l’esperienza di diversi individui e professionisti che vedono mutare il proprio mondo per effetto della tecnologia (che rivoluziona mestieri, processi aziendali e vita quotidiana). La community mira a creare sintesi per aiutare le aziende a orientarsi nel mondo dell’innovazione favorendo la costruzione di un patrimonio comune di esperienze e conoscenze, che sarà reso disponibile e accessibile a un pubblico più ampio. Questo obiettivo sarà realizzato operativamente attraverso una serie di incontri con le aziende e i professionisti.

«Il progetto si basa su alcune delle mie idee – spiega Gazzani – . La prima è contribuire a creare innovazione all’interno delle imprese, perché se è vero che il mestiere del tecnologo è difficile, quello di chi deve usare la tecnologia non è da meno. L’obiettivo è favorire un processo che capitalizzi le open innovation di tante aziende che si scambiano esperienze, e attraverso proof of concept accelerano i loro processi di innovazione. La seconda idea mutua dall’interesse per l’Ai di cui mi ero occupata 30 anni fa e che poi avevo abbandonato per altri mestieri; dell’Intelligenza Artificiale mi interessa esplorare sia l’aspetto tecnologico ma soprattutto i suoi impatti sulla trasformazione della società. L’umanità è in presenza di una singolarità tecnologica importante che cambierà il mondo per come lo conosciamo».

Dunque, in concreto, D-Avengers offrirà una serie di eventi, a partire dalla Digital Week in corso a Milano, che rappresentano il primo strumento a disposizione dei nuovi manager. «E stiamo lavorando alla creazione di una vera e propria community, con focus group per individuare le tematiche dei prossimi anni: l’Ai è il tema di quest’anno, ma molto probabilmente non lo sarà per il 2020. Andremo poi a declinare le varie tecnologie a maggiore impatto sulle aziende e sulla vita quotidiana. Abbiamo istituito un advisor board di giovani manager: un tema fondamentale dell’Ai è l’effetto sui mestieri, sulle competenze e quindi abbiamo voluto coinvolgere non solo i tecnologi ma anche chi si occupa di HR nelle aziende; funzioni che sono meno abituate a trattare tematiche tecnologiche e che potrebbero beneficiare maggiormente da iniziative di questo tipo. Crediamo nell’evoluzione delle competenze in azienda per i tecnologi ma anche per i non digitali, per il cittadino stesso che non può rimanere escluso e che deve essere reso consapevole dei cambiamenti in atto. Ci saranno inoltre tavoli di lavoro in cui si metteranno a confronto esperienze di aziende e una community online per fare awareness e knowlegde transfer», conclude Gazzano.

Gli incontri D-Avengers

Nella cornice della Milano Digital Week, promossa dal Comune del capoluogo lombardo che patrocina il progetto, la Community ha avviato la sua attività pubblica con “L’alba del pianeta delle macchine: la rivoluzione?” un ciclo di incontri imperniato sull’Intelligenza Artificiale articolato in quattro appuntamenti.

Il primo incontro si è svolto  il 14 marzo presso la Libreria Egea a Milano con  titolo: “Lo stato dell’arte dell’AI e le prospettive di sviluppo a medio termine: tecnologia, mercato, applicazione nelle aziende”.  Relatori   Riccardo Zecchina e Gianluca Salviotti dell’Università Bocconi, Giorgio Metta dell’Istituto Italiano di Tecnologia e Ivan Ortenzi di Bip.

Nei tre incontri successivi si esploreranno gli impatti dell’Ai su tre aree principali: le competenze, il lavoro e l’etica.

“Competenze e leadership digitali per governare l’impatto della tecnologia ampliandone i benefici” sarà il secondo talk event del 16 maggio 2019 dedicato agli scenari tecnologici che richiedono sempre più competenze e leadership digitali per governare l’impatto della tecnologia ampliandone i benefici. La rapida evoluzione dei mestieri e più in generale la continua trasformazione del mercato del lavoro impone agli individui, sia a scuola, ma in particolare durante l’esperienza lavorativa, un aggiornamento sistematico e continuo delle competenze per sviluppare la propria professionalità.

“Accelerazione tecnologica e macchine intelligenti: un futuro senza lavoro?”, è il titolo del terzo incontro di AICA e SDA Bocconi in programma il 17 ottobre 2019, in cui si rifletterà su un paradigma che riguarda la diminuzione e la trasformazione dei mestieri, derivanti dallo sviluppo tecnologico. Davvero le macchine intelligenti entreranno in competizione con l’uomo trasformando i mestieri e distruggendo l’occupazione, anziché crearne di nuova? Come cambierà il lavoro che continuerà a esistere?

A chiudere il ciclo di convegni sull’Intelligenza Artificiale, il 14 novembre 2019 il talk dedicato all’etica: “Come dominare macchine così potenti: l’impatto sull’etica”. L’utilizzo delle tecnologie informatiche implica la necessità di principi etici nei professionisti del proprio settore perché l’evoluzione della tecnologia e il suo utilizzo sempre più spinto sono nelle mani dell’uomo. Il tecnologo dovrebbe sempre misurarsi con le conseguenze di quanto sta realizzando, a partire dalla progettazione, in qualsiasi punto operi nella catena di sviluppo.