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Da “nativi digitali” a “consapevoli digitali”, il ruolo della Scuola
Agendadigitale.eu

Riconoscere la caratteristica degli studenti quali “nativi digitali” non esclude  la necessità di impegnarsi per far loro sviluppare la competenza digitale (o meglio le 21 competenze connesse al digitale). Casomai richiede di individuare quale sia il loro livello di partenza perché è da lì che occorre partire e fissare gli obiettivi da raggiungere, obiettivi che devono essere differenziati a seconda del livello di scuola e della classe.

Una sfida non facile, che necessita un cambiamento radicale e, soprattutto, impone nuovi ritmi e pratiche didattiche coerenti con i modelli della società digitale.

Essere nativi non è essere competenti

“Nativi ma incompetenti” o piuttosto “nativi e (naturalmente) incompetenti”?

C’è una discussione ricorrente da quando Mark Prensky introdusse il temine “nativi digitali”. Recentemente un intervento di Anna Rita Longo su Scientificast “Nativi e analfabeti digitali: il paradosso della Generazione Google” e un position paper di AICA, “Il falso mito del nativo digitale: perché i ragazzi hanno bisogno di sviluppare le proprie competenze digitali” l’hanno rilanciata.

“Nativi digitali” erano, per Prensky, “gli studenti di oggi [era il 2001] … le prime generazioni a crescere con questa nuova tecnologia. Hanno passato l’intera vita circondati da computer, videogiochi, lettori di musica digitale, videocamere, telefoni cellulari e tutti gli altri giocattoli e strumenti dell’era digitale … Oggi i nostri studenti sono tutti ‘madrelingua’ del linguaggio digitale di computer, videogiochi e Internet”.

Il focus del suo articolo riguardava la scuola dove i docenti, “immigranti digitali”, insegnavano a “nativi digitali” parlando una lingua diversa da quella abituale ai loro allievi.

Quando sono andato in prima elementare (agli inizi degli anni ’50 del secolo scorso) la maestra parlava – per mia fortuna – la mia stessa lingua: l’italiano. Ma nessuno ha mai pensato che il fatto che io fossi “nativo” dell’italiano mi rendesse competente nel suo uso. Infatti l’Italiano è la disciplina scolastica con più ore dalla prima elementare alla quinta liceo! Seguendo il Common European Framework of Reference for Languages (CEFR), ero, forse al livello A2, ma ne avevo di strada per raggiungere il livello C2.

E – come la vita quotidiana, la cronaca e le indagini sull’analfabetismo funzionali, non lusinghiere per l’Italia, ci ricordano – non tutti i madrelingua padroneggiano bene, in termini di espressione e di comprensione, la lingua italiana. Perché dovrebbe essere diverso per il digitale?

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